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Il 29 novembre 2014 ad Istanbul Papa Francesco ha incontrato, Bartolomeo I, primate della chiesa di Costantinopoli. Non si è limitato a salutarlo, ad abbracciarlo o a baciarlo: di fronte a lui, inaspettatamente e creando non poco imbarazzo, ha abbassato il capo in un inchino di sottomissione e deferenza. Il gesto è scandaloso nella sua semplicità, l’uomo si apre all’altro sottomettendosi in un contesto nel quale il mondo si attendeva rivalità. E’ un segno per tutti noi, per tutti i giorni nella definizione del rapporto con l’altro, l’io etico detronizza sé stesso per l’altro.

L'inchino di Francesco

Papa Francesco Bergoglio ed il Patriarca Bartolomeo I​

Nous sommes tous égaux

La Croix, 16 maggio 2016

“Siamo tutti uguali, in quanto figli di Dio o a causa della nostra dignità di persone”.

Papa Francesco ci stupisce ancora con questa dichiarazione del 17 maggio 2016 pubblicata dal giornale La Croix. Siamo tutti uguali, Il  valore cristiano dell’uguaglianza, raccolto dalla rivoluzione americana, francese e poi dal pensiero socialista e comunista, è riaffermata con un “Si” netto e con un "Noi", che include lo stesso papa il clero, i cristiani ed abbraccia l’umanità intera.

L’affermazione dell’uguaglianza deriva da due elementi che possono essere letti come individualmente sufficienti: siamo uguali, o in quanto figli di un Dio, "o" in forza della nostra dignità di persone. Essere tutti delle persone ci conferisce una dignità che genera uguaglianza.

E' questa la benedizione che Francesco riserva a tutti i non credenti, degni parimenti a coloro che si ritengono figli di Dio.

 

La fede in Dio permette di dedurre l’uguaglianza dall’atto del credere e dalla accettazione delle sacre scritture, ma la creazione ed il concetto di  creatura non implicano affatto l’uguaglianza. Il fatto di essere creati viceversa può giustificare la diseguaglianza: la dignità deriva da una forma che  viene data all'uomo da un creatore e che non è a disposizione dell'oggetto creato. Si può dire che c’è chi ha diritto di divenire Re perché creato Re e c’è chi che viceversa deve vivere nelle pieghe della terra perché non destinato a sorte regale dal suo creatore. L'uguaglianza è garantita unicamente dalla bontà del creatore, qualità da dimostrare e niente affatto evidente. 

In realtà, se pure questa lettura potrebbe scorgersi nella frase di Francesco, Dio nella Genesi ha proclamato facciamo l’uomo a Nostra immagine e somiglianza ed è da questa somiglianza, non semplice generazione, ma filiazione diretta dal Creatore e somiglianza di un figlio ad un padre, che è fondante l’uguaglianza tra uomi. Questa uguaglianza nega perentoriamente qualsiasi discriminazione di stato, di fede, di religione. Uccidere un infedele è uccidere ciò che in lui è somiglianza di Dio. In questo risiede  lo scandalo del messaggio cristiano.

 

Ma questa uguaglianza presuppone un atto di fede. E se questa manca?

Se l’uomo è in cammino, è alla ricerca di un credo, se è portatore di un dubbio o di una verità che nega la fede (ateo), deve o  può negare la dignità dell’altro? In buona sostanza all'ateo che succede?

Francesco ci dice che l’uguaglianza resiste anche alla mancanza di fede poiché in questo caso ci soccorre la nostra “dignità di persona” ed è questa che ci rende uguali gli uni agli occhi degli altri. Riconosciamo nell’altro una personalità richiedente pari rispetto. Ecco che Francesco fa appello agli argomenti della ragione e non quelli della fede spianando la strada alla convergenza tra i diversi punti di vista.

 

Purtroppo però non è così semplice poiché anche questo argomento si basa sulla fede, la fede nella dignità della persona. Da cosa discende questa dignità, è degno, ha dignità la scavatore nelle miniere che vive per un salario inferiore al minimo per la sussistenza in condizione di schiavitù, ed è degno colui che riduce quest’uomo in queste condizioni ed è degno colui che su questa situazione di sfruttamento violento e animale lucra?

E’ degno ed è uguale a me chi cerca il martirio uccidendo bambini e madri al mercato e questo suicida è degno ed uguale a colui che lo ha portato a compiere un gesto simile pieno di disperazione e odio?

E’ degno che vende il proprio corpo per arricchirsi e con esso aliena anche la propria dignità ed è degno chi sfrutta uomini, donne o bambin costringendoli con l’inganno o con la violenza a prostituirsi? Gli esempi di orrore e di disgusto potrebbero continuare a lungo ed in questi non riesco a trovare in tutti pari dignità.

La dignità è una faticosa conquista, è un postulare un fondamento indiscutibile, o, ancor più, è essa stessa il fondamento inossidabile del nostro essere Persone. Coloro che  ritengono che l’uomo sia uguale agli altri grazie alla pari dignità, per non contraddire la loro convinzione, devono aprirsi agli altri, aprire le braccia ai minatori fangosi ed  ai loro aguzzini, ai terroristi suicidi ed alle loro vittime, e questo grazie alla forza della dignità dell’uomo in quanto uomo. In tal modo l’uguaglianza si pone come progetto fondamentale nella relazione con altro in quanto atto di volontà dell’individuo.

Però questa dignità che riconosciamo negli altri deve essere riconosciuta in primo luogo in sè stessi, dobbiamo essere degni del nostro essere persone, agire e trattare noi stessi con la cura ed il rispetto conseguente. Siamo noi a dover fondare la nostra stessa dignità, dobbiamo scegliere di non prostituirci, di non gettare via la nostra personalità né per motivi di lavoro, né per amore, né di fronte a difficoltà nella vita. Ci si può prostituire senza essere prostitute o vivere prostituendosi senza vendersi, il centro è nella nostra anima, nel nostro affermare Io.

E’ questo l’inizio e la fine di ogni viaggio e non c’è guarigione senza dignità del malato.

E' vano il ragionamento di quel filosofo, dal quale non venga curata nessuna sofferenza umana: infatti, come la medicina non ha nessuna utilità se non espelle le malattie dal corpo, così non l'ha nemmeno la filosofia, se non espelle il turbamento dall'anima. (Epicuro)

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